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Terra Mater

Dossier “Donna ed ecologia” 3






   La terra venne in soccorso alla donna,

aprendo una voragine e inghiottendo il fiume


che il drago aveva vomitato dalla propria bocca


(Ap 12,16)


 


 


Le donne producono e riproducono la vita, non solo biologicamente, ma attraverso il loro ruolo sociale nel garantire la sussistenza, per conservare la vita, in quanto esse non si limitano a raccogliere e consumare ciò che cresce in natura, ma fanno ‘crescere le cose’. Attuano nei confronti della terra un sistema di reciprocità: non sono proprietarie, ma collaborano con la terra per permettere la crescita.


 







 Vandana Shiva

 


Vandana Shiva sottolinea inoltre che “le donne possono giocare un ruolo centrale nell’arrestare e sconfiggere le crisi ecologiche, non solo in quanto vittime, ma anche in quanto leader di nuovi paradigmi intellettuali” (infatti) “Coloro i quali fronteggiano la minaccia maggiore offrono la miglior garanzia per la sopravvivenza, perché hanno due tipi di conoscenza inaccessibili ai gruppi dominanti e privilegiati. Anzitutto sanno che cosa significa essere vittime del progresso, sopportandone oneri e costi. E poi, essi hanno un sapere olistico ed ecologico riguardo alla produzione e al mantenimento della vita” .


 


 







 Ashis Nandy  Ashis Nandy afferma che si deve scegliere il punto di vista dello schiavo, non solo perché lo schiavo è oppresso, ma anche perché egli costituisce una percezione di grado più alto, che include necessariamente il padrone. “La nuova intuizione, elaborata dalle donne rurali del terzo Mondo, è che le donne e la natura sono unite non nella passività, ma piuttosto nella creatività e nel mantenimento della vita”.

 


 


In tutto questo non dimenticando mai, come sostiene anche Rajini Kothari, che “l’input femminista serve non solo alle donne, ma anche all’uomo. Non esiste una relazione esclusiva tra i valori femminili e l’essere donna; il principio femminile non s’incarna esclusivamente nella donna, ma è principio dell’attività e della creatività nella natura, nella donna e nell’uomo”.


 


Le lotte per la sopravvivenza che le donne conducono proteggendo la natura, sfidano la visione del mondo dominante e mostrano che i mezzi di sussistenza, ciò che viene considerato come uno ‘scarto’, è la base della sostenibilità, la ricchezza dei poveri e degli emarginati.


Costoro sfidano i concetti di scarto, di non valore, imperanti nel moderno Occidente. Esse mostrano che la produzione di sussistenza è fondamentale per la sopravvivenza, e che se la produzione della vita non può essere contabilizzata in termini monetari, sono i modelli economici che devono essere sacrificati e non ciò che produce sussistenza e vita.


E poiché le donne del Terzo Mondo hanno un accesso privilegiato alle competenze in tema di sopravvivenza, la loro conoscenza è inclusiva, non esclusiva. Facendo in modo che la ‘vita’ non fosse più l’interesse centrale nell’organizzazione delle società umane, il paradigma dominante è diventato una minaccia per la vita.


Le donne del Terzo Mondo – chi sta lottando per la sopravvivenza – portano la questione della vita al centro della storia umana.


 


Il principio femminile può essere riscoperto come modello alternativo, come via non violenta di interpretazione del mondo e di azione a favore della vita intera.


Il recupero di tale principio crea nuove condizioni, tali da non relegare le donne e le culture non occidentali al ruolo di vittime dei modelli economici che generano la morte, ma tali da permettere loro di diventare le protagoniste del ripristino della cultura della vita, umanizzando la natura, operando con creatività nel rispetto delle diversità, tenendo conto del profondo legame tra tutti gli esseri viventi (alberi, raccolti, animali e l’umanità), mettendo in comune i beni, rispettando la santità di tutte le forme di vita.


La riscoperta del principio femminile, come rispetto per la vita nella natura e nella società, appare come la sola strada di progresso, per gli uomini e per le donne, per il Nord e per il Sud del mondo.


 


 


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*Cfr. Vandana Shiva, Sopravvivere allo sviluppo, Isedi, Torino, 1993