Skip to content Skip to footer

Terra che ci parla

Dossier “Donna ed ecologia” 2






 

 Voci della valle

 


Se la terra potesse parlare


parlerebbe di noi.


Come noi direbbe che gli anni


hanno forgiato il legame vitale che ci unisce.


E’ il lavoro che ha reso la terra quello che essa ora è;


è il frutto di questa che ci ha dato la vita.


Noi e la terra siamo una cosa sola!


 


Ma chi ci ascolterà?


Ci ascolteranno quegli uomini invisibili che,


nella loro insensibilità,


sostengono che la terra gli appartiene?


Perché dei pezzi di carta dicono così?


Perché i pezzi di carta hanno l’appoggio


di uomini che pronunciano parole di minaccia,


uomini che hanno il potere di sparare e uccidere,


uomini che hanno il potere di portar via


i nostri uomini e i nostri figli?


 


Se la terra potesse parlare! Parlerebbe di noi!


Perché la terra siamo noi! E noi parliamo!


Ma chi ci ascolterà?


 


Petra, Filippine

 







 

 


La rivoluzione scientifica in Europa ha modificato la natura da Terra Mater in macchina per la fornitura di materie prime.


La rivoluzione industriale ha stravolto l’economia: da gestione avveduta delle risorse per la sussistenza delle persone, a processo di produzione per massimizzare i profitti.


Con la cosiddetta ‘rivoluzione verde’ (biotecnologie applicate in agricoltura) si è trasformato il significato originario dell’agricoltura: da attività che operava un’attenta salvaguardia dei terreni fertili e dava alla società cibo e nutrimento, ad attività prevalentemente finalizzata alla produzione di derrate agricole per il profitto, con una rapida accelerazione della desertificazione (terreni super sfruttati che nel giro di pochi anni diventano assolutamente improduttivi).


Con la rivoluzione verde e bianca (biotecnologie applicate agli animali) la competizione ha preso il posto della complementarietà, la linearità ha sostituito la ciclicità dei processi.

 







 

 


Con le scienze moderne, si è andata perdendo la concezione materna. Cambiando la natura dell’attività, è cambiato anche il tipo di attori: la natura, le donne e i contadini non furono più visti come i principali produttori di cibo. La privatizzazione della terra, che doveva favorire l’aumento della ricchezza, ha emarginato i contadini e soprattutto le donne, sottraendo loro i tradizionali diritti d’uso della terra.


L’espansione delle colture da reddito ha pregiudicato la produzione alimentare, e spesso le donne sono state lasciate sole con poche risorse per procurare cibo e beni primari ai bambini, agli anziani e agli ammalati, quando gli uomini emigravano o venivano reclutati come forza-lavoro. Questo è evidente in India, ma anche nel continente africano dove le donne fanno oltre l’80% del lavoro agricolo.


I più recenti dati delle Nazioni Unite confermano questo: le donne fanno i 2/3 del lavoro mondiale, percepiscono 1/10 della ricchezza mondiale, possiedono 1/100 della terra.


 







   

 E’ invisibile la maggior parte del lavoro svolto dalle donne nelle foreste, nei campi, al fiume, per assicurare alla famiglia i mezzi di sussistenza. In India, ad esempio, dove le donne sono state in prima fila nella lotta per la conservazione delle foreste, della terra e dell’acqua, ogni donna, nei villaggi, lavora nell’ombra per dare sostanza vitale alla natura e alla gente. E’ un’attività legata alla natura e ai bisogni reali delle persone, che preserva la natura mantenendone i cicli ecologici, perpetuando la vita umana.


 


 


 


 


Altri testi di riferimento:


·  Elisabetta Donini, La nube e il limite. Donne, scienza, percorsi nel tempo, Torino, Rosenberg & Sellier, 1990


 


·  Giuliana Martirani, La civiltà della tenerezza. Nuovi stili di vita per il terzo millennio, Milano, Paoline, 1997


 


 


 


——————————————————————————–


 


* Cfr Vandana Shiva, Sopravvivere allo sviluppo, Torino, Isedi, 1993.