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“Stranieri come noi”

Parole di fraternità ai confini dell’umanità

…ascolto, abbraccio, cura, solidarietà,
calore, misericordia, fratellanza, generosità,
perdono, amicizia, rinascita, giustizia,
com-passione, pace, libertà, fiducia, sorriso,
condivisione, luce, dialogo, uguaglianza,
vita, incontro, comunità, accoglienza, umanità…

Sono queste alcune delle parole che martedì 18 giugno 2019 presso la chiesa di Santa Bertilla in Vicenza, hanno illuminato cuori e menti di quanti hanno partecipato alla veglia «Da Babele a Pentecoste», preghiera celebrata in spirito ecumenico in memoria di tutti quegli uomini e quelle donne che hanno perso la vita cercando di raggiungere l’Europa, cercando di risorgere da esistenze precarie e senza futuro.

Da ormai sette anni la veglia nata dalla collaborazione di diverse associazioni vicentine (Centro Astalli, Presenza Donna, Migrantes, Caritas Diocesana, Chiesa evangelica metodista, ACLI, Cooperativa Pari Passo, Agesci) e la partecipazione di Comunità di Sant’Egidio, Voce dei Berici e Centro Culturale San Paolo costituisce un appuntamento importante per la chiesa di Vicenza, che desidera tenere alta l’attenzione su un tema caldo degli ultimi tempi e non dimenticare la tragedia di quanti non sono riusciti nell’intento di giungere in una terra più prospera della loro, pagando – a volte anche con la vita – la scelta di “sradicarsi” nella disperata ricerca di un orizzonte di speranza. Durante la preghiera, lo smarrimento e le tante domande sul perché tante persone debbano subire ingiustizie o addirittura morire per una speranza di vita nuova, hanno reso tutti fratelli e sorelle, compartecipi di una comune invocazione dello Spirito di Dio affinché guidi nella comprensione di quelle domande, ma anche di una profonda richiesta di perdono per tutte le volte in cui come uomini e donne di Dio non ci si è dimostrati accoglienti nei confronti di chi cercava un approdo sicuro per vivere in pace.

Se da un lato è vero che oggi giorno le azioni di chiusura da parte dello Stato si intensificano, dall’altro non mancano le iniziative di apertura che sottolineano un atteggiamento diverso, che si discosta in maniera netta da quello “imposto” e risponde ad una richiesta esigente di accoglienza solidale. Esempio recente di questo fenomeno è la campagna lanciata a Roma lo scorso 13 giugno «Io accolgo», promossa da 42 organizzazioni sociali italiane ed internazionali del Terzo settore per dare visibilità a tutte quelle esperienze diffuse di solidarietà che contraddistinguono il nostro Paese, contro il linguaggio dell’odio e la retorica dei porti chiusi. Per dare volto ad un’esperienza concreta di accoglienza avvenuta nella diocesi di Vicenza, Maddalena – mamma di Sekou, ragazzo maliano rifugiato in Italia – ha portato con il marito il loro vissuto di famiglia, capace di andare oltre le convenzioni sociali nel rendersi nuovamente genitori capaci di amore e generatività per un figlio giunto da lontano.

La narrazione del brano di vita accogliente ha poi illuminato la Parola di Dio che Erica Sfredda, predicatrice dell’Unione delle Chiese metodiste valdesi di Verona, ha guidato nella comprensione, perché nella luce dello Spirito, una nuova fraternità accogliente sia resa possibile, così com’è possibile passare dall’incomprensione di Babele alla Pentecoste dell’accoglienza, che raggiunge tutti i confini dell’umanità. Le sue parole, capaci di spezzare un passo biblico duro da interiorizzare, hanno fatto riflettere a lungo sull’umanità perduta e ritrovata dal popolo di Dio nel corso della sua storia: «Una chiesa senza Dio è persa e non ha futuro, perché dimentica di essere stata costruita dalle mani di Dio, e pensa di essere lei stessa Dio», ha detto riferendosi alla civiltà di Babele, per poi aggiungere però che se si diviene consapevoli della portata del messaggio evangelico di Cristo e della speranza che in essa è custodita non è possibile – come hanno fatto i discepoli – restare chiusi nel Cenacolo per paura di incontrare popolazioni ostili alla loro predicazione, ma «bisogna uscire e annunciare al mondo il Risorto, uscire e amare il mondo così come il Signore ha amato, ognuno di noi, affidandoci con piena fiducia il dono delle lingue, delle culture, la ricchezza della diversità. Dio infatti, ama e accoglie tutta l’umanità».

Il vento – entità impalpabile, ma forza che irrompe – e il fuoco che hanno caratterizzato l’esperienza dei discepoli e discepole operando in loro una trasformazione radicale (da persone silenziose a testimoni loquaci del messaggio salvifico) sono l’immagine che affianco a quella realizzata in occasione della giornata mondiale del rifugiato 2019 da Francesco Piobbichi (operatore del progetto Mediterranean Hope della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia) ogni donna e ogni uomo ha potuto portare a casa con sé, per custodirla, per essere accoglienti una volta di più verso chi si rifugia da noi per fuggire o per inseguire una speranza.

 

 

Lara Iannascoli