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Paura e speranza

Hanno chiuso le scuole! Che dispiacere! Ma che cosa sta succedendo?! Ma anche le chiese! Allora è proprio una cosa grave. Non mi capacitavo ma le notizie erano così disastrose che mi dicevo: prega e sorridi. Non uscivo, la spesa la faceva mio marito, i figli si preoccupavano per noi e le loro raccomandazioni erano costanti. I nostri tesori, i nipoti, li vediamo solo in video chiamata e quando termina piango e sto peggio di prima, ma loro mi avevano visto sorridere.
Le giornate trascorrono e mi sembra impossibile, gli impegni sono solo casalinghi ma il tempo se la ride di noi e passa sopra la nostra presunzione. La casa brilla, in cucina c’è sempre profumo di pane. Abbiamo un piccolo prato dove qualche pomeriggio cammino in tondo recitando il rosario (si dovrebbe dire pregando il rosario, lo so, ma le abitudini…). Sr. Annalucia, amica cara, mi dice che loro ascoltano la messa delle 7.00 celebrata da Papa Francesco e così anch’io alle 7.00 sono davanti alla TV assieme a mio marito. Che aiuto, che consolazione. La semplicità, la verità, la partecipazione alle sofferenze e la fede che questo “papa papà” trasmette, sono un aiuto a cui mi aggrappo. Lo guardavo, lo ascoltavo e mi veniva voglia di abbracciarlo. 
 
Mi chiama diacono Roberto per chiedermi cosa ne penso di creare un punto di consegna della Spesa Solidale anche a San Giuseppe. Io ancora non esco, non mi lasciano, e allora mi rendo disponibile a far da riferimento per i volontari che consegneranno la spesa a S. Giuseppe. Tre mattine a settimana telefono alle famiglie che andranno poi a ritirare o alle quali verrà portata a casa la spesa. Alla sera preparo un report. Quanta fame Signore! E noi che fame abbiamo? Quante telefonate, messaggi, video, ci scambiamo fra amiche. Non mi dimentico delle mie signore ultranovantenni alle quali portavo la Comunione e al giovedì pomeriggio le chiamo per salutarle e dire con loro un’Ave Maria. Ma è dura! 
Quante domande, quante speranze, quante paure. Ma che vita dovranno fare i giovani? e i miei nipoti? Impareremo qualcosa da tanto dolore? Quanto compassione provavamo quando la sofferenza non ci toccava da vicino? Ci rendiamo conto di quanto ci crediamo onnipotenti mentre invece siamo così fragili? 
 
In questi mesi le mie giornate hanno avuto una compagna costante: la tristezza. Non sono pessimista ma mi sembra tutto troppo da sopportare e non parlo solo della malattia. Anche adesso che la situazione è migliorata, che i miei figli vengono a trovarci con i loro bambini, che incontriamo qualche amico, non riesco a sentirmi sollevata del tutto. Forse la mia paura più grande è che non riusciremo a cambiare, io per prima
Per fortuna mi vengono in mente le parole di papa Francesco: “…no al vittimismo e al pessimismo e… proviamo a donare quello che abbiamo ricevuto”.
Marina