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La vita

Breve biografia di Elisa Salerno

 Elisa Salerno

 “Far del femminismo a Vicenza è lo stesso

come voler a forza di unghie scavar terra e terra

onde trovare una vena d’acqua per dissetarsi”

Elisa Salerno, Il Vessillo Bianco, 5 maggio 1906

Elisa Salerno è nata nel 1873 a Vicenza, in una famiglia abbastanza agiata. Sesta di nove figli, si mostra subito una bambina non qualunque, appassionata allo studio in maniera straordinaria, frequenta fino alla terza elementare; interrompe poi la scuola per motivi di salute, e fa gli esami di quinta elementare a quindici anni. Da quel momento studia da sola, imparando anche il latino, il francese e il tedesco. Pur essendo occupata nel pastificio di casa, in tutti i momenti liberi continua a studiare, arrivando così anche ad introdursi nei meandri della teologia e della filosofia, discipline, a quel tempo, interdette alle donne. 
Elisa Salerno a 11 anni In seguito, Elisa scrive dei libri, fonda e dirige un giornale. Tutto questo per la causa santa della donna. Ed è interessante cogliere come arriva alla decisione di combattere tale causa. Fin da piccola dice di nutrire un forte amore per ogni sorta d’infelici.

E aggiunge, nel romanzo autobiografico “Un piccolo mondo cattolico che il suo sentimento più forte, che quasi si direbbe passione, era la carità del prossimo. Questo amore, questa forte passione, prendono ben presto una fisionomia chiara nell’impegno per le donne, soprattutto le operaie.

A partire dall’attenzione alla questione operaia, precaria e
scottante al contempo alla fine del secolo scorso e agli inizi di
questo, Elisa matura pian piano una sensibilità particolare per i
problemi relativi alla donna, tanto da sentirsi chiamata ad una missione
speciale, quella per la riabilitazione della donna.

Osservando la realtà sociale che la circonda, si rende conto di
quante e quali privazioni sia vittima la donna e come viva in uno stato
di schiavitù materiale e morale. Di questo ritiene colpevoli gli uomini,
le donne stesse e la Chiesa. Tutti tenevano la donna priva dei diritti
fondamentali, quali la dignità, un lavoro giustamente retribuito, lo
studio, il voto.

Queste problematiche solo da qualche decennio andavano facendosi
strada tra le femministe inglesi e francesi, nei gruppi socialisti e in
alcuni circoli del femminismo cristiano milanese. Ciò che stupisce,
avvicinandosi ad Elisa Salerno, è il capire come abbia potuto, da sola,
in una città di provincia come era Vicenza, innescare un tale movimento
di idee. 

       L’edizione del giornale, 1909-1927            Senza titolo, Elsa Emy

Inizia ancora giovane un’attività giornalistica, con articoli sulla stampa locale: il “Berico” e “Il Vessillo Bianco”, definendosi apertamente una propugnatrice della classe operaia in genere e della donna in specie, unendo allo scrivere l’impegno paziente ed intelligente a fare inchieste sul lavoro. 

Occupandosi di tali tematiche era un’ospite poco gradita sulle pagine di questi giornali, ma Elisa non si perde d’animo. Scrive, infatti, a suo padre, nel 1906: Carissimo papà, tu sai che in questa terra ci sono due sorta di affari: quelli materiali e quelli morali, quelli privati e quelli pubblici. Vi sono i lavoratori delle braccia e i lavoratori del pensiero… Ebbene, io nella mia pochezza sento di appartenere ai lavoratori del pensiero, a coloro cioè che si occupano delle cose morali e sociali. Questa mia inclinazione, diletto papà, e le noie che mi fa soffrire il Berico e la caduta delle Unioni professionali, tutto questo mi fece nascere un ideale veramente grande…: possedere una stamperia per la pubblicazione d’un giornale popolare.

Chiede al padre di poter stampare un giornale tutto suo. Ed è così che, nel 1909, nasce “La Donna e il Lavoro”. Da sola questa donna riesce a fondare, dirigere, scrivere in gran parte, cercare collaboratori per il ‘suo’ giornale. Chiede soldi, senza vergognarsene, anche a personaggi come Antonio Fogazzaro, perché la causa per cui si batte è santa.

Nel Numero di Saggio parla di causa santa delle operaie. Nel 1927, chiudendo ormai i battenti, dice che lo scopo del giornale è sempre quello: la causa santa della donna, la trattazione di tutti i problemi che riguardano il sesso muliebre. In quell’anno, disperata, scrive anche a Mussolini, dicendo di essere osteggiata dalla Regia Questura di Vicenza. 

Nel 1925, era entrata in polemica anche con il Vescovo di Vicenza per una critica ai catechismi da lui scritti e pubblicati ad uso della Diocesi. Li commenta punto per punto, dicendo che il Vescovo non si era fatto scrupolo di falsificare la sacra Scrittura e di far apparire la donna in modo non corretto. Venne proibita la pubblicazione del giornale, ma Elisa Salerno continuò imperterrita per altri due anni non accettando l’atto di sottomissione richiesto dal Vescovo, come invece aveva fatto nel 1917, quando cambiò il titolo al giornale, che diventò “Problemi Femminili”.

Queste vicissitudini, unite al problema economico e alle limitazioni della censura fascista, fanno sì che il periodico improvvisamente chiuda i battenti, senza alcun preannuncio negli ultimi numeri. Sul problema della censura aveva scritto a personalità di spicco, quali la regina Elena: La R. Questura di qui m’impedisce di difendere, sul periodico “Problemi Femminili”, la moralità, la dignità sacra della donna, la nobiltà della sua natura.

Gli anni del silenzio, 1927-1945
Diàlogo entre un pez y un pez sombra, Mario Natalini Con la chiusura del giornale, Elisa Salerno entra in una fase che si può
definire ‘di silenzio’: di questa lavoratrice del pensiero non si sente
più parlare. E’ un periodo privato, del quale restano solo alcune
lettere a parenti per chiedere aiuto o per dare consigli spirituali;
lettere ad autorità ecclesiastiche e civili, molte delle quali al Papa, a
favore della causa femminile. Sono di questo tempo anche gli scritti
inediti, copie di libri mai pubblicati.

Nell’ultima fase della vita, dopo vent’anni di silenzio editoriale, Elisa Salerno dà alle stampe altri libri, trovando le risorse finanziarie per riprendere a pubblicare, però, le opere del ‘dopo-silenzio’  non vengono divulgate. Forse per riconciliare le sue tesi con la chiesa, invia i suoi scritti soltanto ad ecclesiastici, il primo dei quali è il Papa. La morte la raggiunge il 15 febbraio 1957, in condizioni di miseria, dopo aver speso tutte le sue sostanze per la causa santa della donna.