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film Il pranzo di Babette

Dossier “Donna e chiesa” 17







  Il pranzo di Babette (1988) è un film del danese Gabriel Axel; narra la misteriosa esperienza di conversione vissuta dai membri di una piccola comunità di fondamentalisti luterani che vivono sulla costiera Jutland della Danimarca. La loro esperienza di conversione è provocata dalla presenza di una povera donna francese, la profuga Babette.

Tratto dall’omonima novella di Karen Blixen, il film è ambientato nel 1883. Axel, però, presenta, in un salto all’indietro di venticinque anni, la severa fraternità luterana unita, devota, disciplinata grazie all’azione del suo fondatore, il quale è aiutato nel ministero dalle figlie Filippa e Martina. La comunità, in quel periodo, viene visitata da due persone del gran mondo: un giovane ufficiale e un divo dell’opera lirica francese, che si innamorano delle due sorelle, ma l’autorità del pastore li fa andare via.


 







 Babette

 


Un decennio più tardi, quando il fondatore è già morto e sono Filippa e Martina a portare avanti la missione, in una notte di tempesta, giunge alla loro casa Babette Hersant, una donna profuga scampata ai tragici avvenimenti della Comune di Parigi. Babette diventa la loro cuoca: professione che aveva svolto in uno dei più prestigiosi ristoranti parigini. Ed è, la sua, una presenza che si rivela da subito particolarmente efficace e portatrice di benedizione.


Un altro decennio più tardi, tra i fratelli e le sorelle della piccola setta l’armonia si è spezzata: alcuni membri sono morti, tra coloro che sono rimasti “gelosie non espresse e passioni incontrollate” minacciano la disgregazione totale. In occasione del centenario della nascita del pastore, Babette, dopo aver vinto ad una lotteria in Francia, prepara “un vrai diner françois” per la comunità. Durante la festa, i membri, che in quel momento temono una tragedia spirituale e vogliono resistere alla tentazione del cibo, riscoprono il perdono, la pace e la speranza. “Il cibo si dimostra la musica dell’amore” e, tramite Babette, donna-straniera-artista, che fa “quanto di meglio è nelle sue possibilità”, la comunità sperimenta la salvezza.


 


 


Tra i molti messaggi che il film contiene vogliamo sottolineare, in particolare, il fatto che Babette è una donna straniera, che non conosce la lingua dei suoi ospiti, per di più profuga, cioè senza più nulla di suo. Proprio attraverso questa donna, secondo il regista, si manifesta qualcosa di nuovo, una forza salvifica che si riflette su tutta la comunità, provocando pian piano dei cambiamenti sempre più evidenti. Proprio colei che ha perso tutto può offrire una vita abbondante: un banchetto che include anche l’umile cocchiere del generale e il ragazzo che aiuta in cucina; si tratta di due personaggi che rappresentano i poveri e gli esclusi e la loro gioia nel prendere parte alla degustazione dei cibi è uno dei momenti più toccanti del film; essendo in cucina, poi, sono proprio loro che sono testimoni dell’opera di Babette.


 


Inoltre, Axel propone Babette non solo in ciò che fa, ma anche nel suo stile, nel suo modo di essere: è aperta, discreta e rispettosa di tutti, anche se di cultura, religione, stato di vita diversi dal suo; il suo mondo non nega, né rifiuta il mondo degli altri, ma vi s’inserisce facendone lievitare la positività, la bellezza e le possibilità inespresse. “Tutto ciò che scegliamo ci viene dato. E anche tutto ciò che rifiutiamo ci viene dato lo stesso”, commenta alla fine il generale. Nessuno ha paura di lei, come invece si aveva paura del pastore. Axel, in questo senso, suggerisce due modelli di sacerdozio: quello maschile del pastore, che si basa sul potere, sul controllo, sulla paura e il modello femminile, incarnato da Babette, che porta avanti il ministero del pastore trasformandolo in un ministero di lode a Dio, di gioia, di carità, di creatività, di bellezza e di abbondanza;


un sacerdozio che non impone, ma che fa sorgere dal cuore il desiderio di pace e di riconciliazione.