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Bertha von Suttner: una pacifista dimenticata

Dossier “Donna e pace” 12







 

 


Bertha von Suttner è una scrittrice austriaca che dedicò la sua vita alla lotta per la pace. Molto conosciuta in Europa alla fine dell’Ottocento e ai primi del Novecento, è stata pressoché dimenticata dalla storia. Era nata a Praga nel 1843, ma si trasferì subito con la madre rimasta vedova prima a Vienna e poi a Parigi. Persona dotata di talento e con un’educazione aristocratica, quando la madre rimase senza denaro fu costretta a cercarsi un lavoro e lo trovò presso un anziano signore molto ricco e distinto, Alfred Nobel. Non lavorò a lungo presso di lui, perché, innamorata di Arthur fuggì con questi in Caucasia. Nel frattempo scoppiò la guerra tra la Russia e la Turchia ed entrambi cominciarono a scrivere articoli sulla guerra per i giornali austriaci, oltre che raccogliere denaro per le vittime. Dagli articoli passò ai romanzi: Inventario dell’anima, 1883, dove emergono le sue idee pacifiste, L’epoca delle macchine scritto sotto lo pseudonimo Jemand (Qualcuno) che riscosse questo giudizio dai critici: “dev’essere stato scritto da un uomo intelligente, di grandi capacità e cultura” e Giù le armi, scritto nel 1899. Ma fu il romanzo che scrisse nel 1889 Die Waffen nieder la dissertazione più fervida, intensa e sentita contro la guerra e i principi giustificativi che stanno dietro ad essa. E’ un libro che attacca la mentalità che porta alla guerra e la permette, oltre che essere una bellissima storia d’amore. Divenne popolarissimo, tanto da essere stampato in trentuno nuove edizioni e tradotto in molte lingue. Ebbe gli apprezzamenti di Tolstoj e dello stesso Nobel.


 


 







 

 


Dopo aver scritto questo libro sentì che doveva superare la paura di parlare ad un grande pubblico e capì che voleva dedicare la propria vita a lavorare per la pace. Il successo del suo romanzo pacifista era un importante punto di partenza per continuare la ricerca di soluzioni pacifiche ai conflitti. Da quel momento cominciò a tenere conferenze, congressi, incontri per la pace e ad ospitare amici pacifisti di tutte le parti del mondo. Si ricorda il suo intervento alla Conferenza per la pace in Campidoglio nel 1891: era la prima volta che una donna parlava in quell’antico luogo storico. Nel 1892 fu l’unica delegata alla Conferenza per la pace di Berna, ma ebbe un ruolo di primo piano essendo una delle tre persone che prepararono le tracce dei discorsi. Si parlò di soluzione dei conflitti attraverso l’arbitrato, di creazione di una corte internazionale di giustizia e di disarmo.


Nel frattempo rimase in stretto contatto con Nobel, anche se entrambi avevano idee molto differenti. Le scriveva Nobel: “Faccio di più io per la pace con i miei cannoni, di voi con i discorsi sulla pace e sul disarmo” (la teoria secondo la quale se vuoi la pace devi preparare la guerra). Però Nobel era convinto che lottassero in fondo per la stessa causa, seppur con mezzi differenti. Bertha von Suttner cercò di convincerlo a donare parte del denaro guadagnato con la scoperta della dinamite per un premio a favore della pace. Ed è proprio da qui che nasce il premio Nobel per la pace, siamo nel 1893, da consegnare ogni cinque anni a quelle persone che avessero lavorato nel modo migliore per promuovere la fratellanza, il disarmo e la pace.


A lei fu conferito questo premio nel dicembre 1905, ma secondo l’opinione pubblica avrebbe dovuto essere la prima vincitrice; il tentennamento della commissione per il premio era dovuto al fatto di doverlo consegnare, soprattutto il primo, ad una donna, e questo era considerato un ‘degradarsi’.


 


 







 

 


Partecipò ancora alla Conferenza dell’Aia nel 1907, ma con sentimenti di sfiducia: “A l’Aia ci apprestiamo a discutere l’uso del contrabbando, delle mine, dei bombardamenti sulle città e di altri ‘problemi pratici’, ma non è prevista una parola sull’abolizione degli strumenti di morte”.


Berta morì poco prima dello scoppio della prima guerra mondiale, la guerra che aveva tanto temuta.