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Un cammino di conversione e vivificazione

Donatella Mottin ci accompagna nelle domeniche di Quaresima

 

In tempi passati, i contadini
conservavano per tutto l’inverno le ceneri del camino e poi, verso la fine
dell’inverno, le spargevano sul terreno per dare nuova energia, nuova vita alla
terra. Questa pratica, così legata alla concretezza della vita, può offrire un
significato da riscoprire anche rispetto al rito delle Ceneri, che segna
l’inizio della Quaresima.
“La quaresima non è orientata
al venerdì santo, ma alla pasqua di risurrezione. Per questo non è tempo di mortificazioni,
ma di vivificazioni!” (A. Maggi)
Così il passaggio significativo
dal “Ricordati che sei polvere e
polvere diventerai”
, che porta con sé la lugubre idea di fine, morte,
sacrifici e penitenze, al più attuale – frutto del Vaticano II – “convertiti e credi al Vangelo” invita a un cambiamento di direzione, a un orientarsi verso forme sempre nuove,
inedite – perché suggerite dallo Spirito – di perdono, vicinanza, generosità.
L’accoglienza del Vangelo, la
buona notizia di Gesù, è l’elemento vitale che rende più autentica la nostra
esistenza. Questo tempo, che si ripete ad ogni anno liturgico, non è l’invito a
fare qualcosa, quanto il riscoprire il senso del tempo che ci è dato per ritrovare la verità del nostro
essere figli e figlie di un Dio, padre e madre, misericordioso.
I quaranta giorni della quaresima
ricordano, in particolare, i quarant’anni nel deserto del popolo uscito dalla
schiavitù dell’Egitto: la scelta di libertà di mettersi in cammino,
costantemente, nonostante ciò che accade, anzi grazie a ciò che accade e a chi
incontriamo, fiduciosi in un Dio che cammina con noi.
“È perché amava tanto il suo servo Mosè, ‘il solo che egli conobbe
faccia a faccia’
(Dt
34,10)
che Dio non lo ha fatto
entrare nella Terra promessa, lasciandogli per sempre la parte migliore:
l’ardente cammino che conduce verso…” (C. Singer)

 

I VANGELI DELLE
DOMENICHE DI QUARESIMA

 

1a domenica: SCEGLIERE (Luca 4, 1-13)

Luca, nel suo Vangelo, ci parla
delle tre tentazioni che hanno segnato l’inizio della vita di Gesù. Le
tentazioni non sono negative in sé, anzi possono diventare strumenti di
crescita perché ci chiamano a scegliere. Queste tre tentazioni parlano anche a
noi, fanno parte della nostra esperienza di vita, e questo è ancora più
evidente se facciamo attenzione ai luoghi che vengono menzionati:

il deserto, luogo dove
diventano ancora più forti e amplificati i bisogni legati alla vita concreta,
che rischiano di offuscare la nostra mente portandoci a chiuderci nelle nostre
necessità, senza prestare attenzione a quelle di chi ci vive accanto;

il monte, luogo che ci “eleva”
sopra gli altri, che ci fa sperimentare il potere e il successo, tentati di
rinnegare ciò in cui crediamo per inchinarci al potente di turno;

il pinnacolo del tempio,
simbolo della religione, con la tentazione di “possedere la verità”, di sapere
noi, in nome della nostra fede, cos’è giusto o sbagliato per gli altri.

Come scegliere, nel nostro
quotidiano, di fronte a queste tentazioni? Con l’ascolto della Parola di Dio
vissuta in Gesù, ci dice Luca, consapevoli che le tentazioni tornano, che fanno
parte della vita di fede, ma che non fanno paura perché – come ci ricordano le
parole ritradotte del Padre Nostro – Dio “non
ci abbandona nelle tentazioni”
, non ci lascia soli di fronte ad esse.

 

2a domenica: DIVENTARE “ALTRO” (Luca 9, 28b-36)

Il racconto della trasfigurazione
è sicuramente un testo molto importante nei Vangeli, presente in tutti i tre
sinottici. Viene inserito dopo il primo annuncio fatto da Gesù della sua
passione, morte e risurrezione. Avviene sul monte, luogo privilegiato, secondo gli
ebrei, per l’incontro e la manifestazione di Dio. Con Gesù ci sono Pietro,
Giovanni e Giacomo. Luca ci dice che durante la preghiera, quasi ne fosse
l’effetto, il volto di Gesù divenne “altro”: è esperienza anche nostra quando
guardiamo qualcuno con amore profondo e il nostro volto si trasforma, o quando
qualcuno parla di qualcosa di fondamentale per la sua vita e il suo sguardo si
illumina.

Volto altro di Gesù, luce,
ascolto della voce di Dio: che esperienza straordinaria! Pietro vorrebbe
costruire delle tende, perché sarebbe così bello “rimanere”… È tentazione per
ogni credente rimanere fermi, fissare le cose per far durare il momento di
luce, ma nella fede non funziona così. Bisogna tornare nel quotidiano, è necessario
muoversi, scendere dai luoghi e dalle situazioni “privilegiate”, riprendere a
camminare.

Possiamo, però, con la preghiera,
costruirla interiormente una “tenda”, uno spazio costante della presenza di Dio
in noi dove attingere, nei momenti di buio, luce e volti altri.

 

3a domenica: GENERARE LA VITA (Luca 13,1-9)

Questo brano può sembrare un po’ “oscuro”
e forse sono diverse le letture ed interpretazioni. Di fatto, le parole di Gesù
lo mostrano attento agli eventi, a ciò che accade nella storia, ma nello stesso
tempo preoccupato di far capire anche a noi come dobbiamo leggerli.

Dio è presente nella storia,
cammina con tutte le donne e gli uomini del mondo, ma non come tenderemmo a
credere noi o come spesso traspare dalle nostre parole, frutto probabilmente di
insegnamenti del passato. Non si tratta di uno schema formato da azioni umane a
cui corrispondono “retribuzioni” divine. Non è che se siamo buoni tutto ci deve
andare bene e se invece ci comportiamo male Dio ci castiga. Gesù ci chiede di convertire
la nostra vita, di scegliere sempre nuove strade per saper accogliere ciò che
accade come occasione per crescere nella fede e nella vita. Egli ci assicura
che, nonostante le nostre frequenti “aridità”, si prende cura di noi, “coltiva”
con il suo amore ogni esistenza, perché possa finalmente dare frutti e generare
vita.

 

4a domenica: L’ABBRACCIO DI DIO, PADRE E MADRE (Luca 15,1-3. 11-32)

Nella vita di ogni credente
capita più volte di essere sia il figlio scapestrato che si allontana e
sperpera la sua vita, sia il figlio maggiore, convinto di essere nel giusto,
pronto a giudicare e a recriminare su quanto fatto, evidentemente, solo per
dovere.

Ma il Padre… che meraviglia!
Lascia libero il figlio di andare, di fare la sua esperienza, di sbagliare. Non
si stanca di stare alla finestra, di scrutare l’orizzonte, giorno dopo giorno,
per vederlo tornare. Gli corre incontro quando è ancora lontano, lo rialza
quando il figlio si getta ai suoi piedi e non gli interessa nulla che sia tornato
“per fame” e non per amore.

Gli dà un abito, restituendogli
la dignità; l’anello, che caratterizzava l’amministratore della casa, dando
fiducia a chi aveva dilapidato tutto; i sandali, che nelle case erano per i
padroni e non per i servi.

Un amore profondo, difficile da
comprendere. Ha cercato di farlo Rembrandt che, pochi anni prima di morire, ha
dipinto questa scena in un quadro bellissimo dove l’abbraccio vede in primo
piano le mani, una maschile e una femminile: per rappresentare un amore così
sconfinato, è necessario immaginare un Dio che è padre e madre.

 

5a domenica: RICOMINCIARE SENZA CONDANNE (Giovanni 8, 1-11)

Gesù ha pregato tutta la notte e
al mattino è nel tempio ad insegnare. Il tempio era il luogo cardine della
religiosità ebraica, dove la Legge veniva insegnata ed attuata. A Gesù viene condotta
una donna che la legge di Mosè aveva già condannato: un’adultera che “doveva”
essere lapidata. “La legge di Mosè
dice… Tu che dici?”.
In mezzo la donna, ridotta a oggetto, ma che in
realtà segna il confine tra l’antico e il nuovo testamento.

Gesù scrive per terra, la terra
di cui tutti noi siamo fatti. Nei testi più antichi – Esodo e Deuteronomio – si
fa riferimento al “dito” di Dio che scrive le Dieci parole sulla pietra.

Forse quella che scrive Gesù è
una legge nuova, scritta nella carne di uomini e donne, segnata dalla debolezza
e dalla fragilità. “Chi è senza
peccato, scagli la prima pietra”
. Ciascuno di fronte alla propria
coscienza, non dietro alla legge. Tutti se ne vanno, e Gesù rivolge la parola
alla donna, la guarda, le ridona la sua dignità; nessuna condanna da parte sua.
Quando Legge, tradizioni, precetti vengono in qualsiasi modo usati per “uccidere”,
non sono Vangelo. Gesù dona vita: “Va’…”e, con il suo amore, apre al futuro.