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PRESENTAZIONE

In cerca di radici







 don Dario Vivian nella chiesa di Araceli

 Riprendiamo il filo dei nostri appuntamenti, che ci vedono ogni anno ospiti della splendida chiesa di Araceli vecchia (del suo parroco don Lino e della comunità parrocchiale). Abbiamo fatto un percorso di confronto tra voci differenti, che qui presentiamo, non per rimescolare le carte, confondendo le posizioni, ma per scoprire quanto possano essere reciproche nel loro modo di riflettere, dibattere e confrontarsi. Non partiamo da “etichette” che possiamo darci gli uni gli altri, ma da percorsi di vita e di pensiero.


          


  L’avvio è pur sempre la feconda intuizione del card. Carlo Maria Martini, che istituì la “cattedra dei non credenti” con l’intenzione non di ribadire steccati, ma di far dialogare le differenze riscoprendo percorsi che avvicinano gli uni agli altri. L’altro infatti con la sua differenza è fondamentale per delineare la propria identità, oltre che per quel dialogo che permette di intessere relazioni volte alla costruzione di un mondo dove sia possibile una polifonia di voci. Lungi dal contrapporsi, ciascuna diviene preziosa per l’altra.


 


           







 

 Già lo scorso anno avevamo avviato un confronto sulle differenti identità, a partire dal simbolo del crocifisso. Colui che è “in croce fisso” non cessa di interrogare, essendo di fatto la croce simbolo insieme culturale, religioso, di fede; riferirvisi ha a che fare con le radici di una cultura e di una civiltà, ma anche con la dimensione laica e interreligiosa che sempre più segnano il nostro tempo e lo spazio concreto abitato da presenze molteplici e differenziate. Ci ha colpiti l’approccio a questo simbolo pregnante, che può esprimere un prete di frontiera, impegnato nel dialogo con l’Islam, come mons. Henri Teissier, arcivescovo di Algeri; una donna dalla biografia personale e intellettuale certamente significativa, qual è la scrittrice Dacia Maraini; un filosofo acuto e provocatorio come Massimo Cacciari, capace di ribaltare le scontatezze laiche e confessionali che troppo spesso emergono nei dibattiti su “crocifisso sì, crocifisso no”.


  


            A quelle riflessioni ci siamo agganciati idealmente nel-l’intraprendere il percorso di quest’anno: “In cerca di radici”; tema che ha visto e vede dibattiti di vario tono e livello, soprattutto in riferimento all’Europa, alla costituzione europea, al ruolo in essa del Cristianesimo (religione e civiltà insieme). Con un certo schematismo si è pensato di mettere in eco l’una con l’altra tre differenti “voci”: laica, storica, credente; non ritenendole – come si è detto – “etichette”, bensì orizzonti di comprensione che per i tre relatori chiamati sono anzitutto biografici, oltre che di pensiero e di competenza in certo senso “professionale”.


 







 

 Si susseguono quindi, sulla nostra ideale “cattedra”, la giornalista Rossana Rossanda, lo storico Alberto Melloni, il monaco Enzo Bianchi. Alla prima è stato chiesto di raccontarci – a partire dalla sua posizione di radicale laicità – il suo coinvolgimento con la tradizione sapienziale veicolata dalle Scritture ebraico-cristiane, che sta facendo da dodici anni negli appuntamenti tra laici e credenti nell’eramo camaldolese di Monte Giove (Marche), animati fino alla sua recente scomparsa dal priore Benedetto Calati.


Melloni ci dice se le radici – al plurale – siano univoche o non si tratti piuttosto di molteplici fili intrecciatesi nella storia europea. E infine Bianchi risponde all’interrogativo se possiamo ancora dirci cristiani, nel passaggio da una cristianità sociologica ad una post-cristianità plurale nella quale Gesù Cristo ridiventa una scelta.


 


Don Dario Vivian


 


La voce laica: Quale lettura di una tradizione sapienziale? Rossana Rossanda, giornalista 


 


La voce storica: Una trama di molteplici fili? Alberto Melloni, storico


 


La voce credente: Possiamo ancora dirci cristiani? Enzo Bianchi, monaco