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PRESENTAZIONE DEL LIBRO «UNMILIONEOTTOCENTOMILA PASSI» DI ELISABETTA ORLANDI



























Lunedì 24 marzo è stata inaugurata la rassegna di libri «In punta di penna» dal titolo «Libri di donne, riflessi di vita», libri scritti con «una punta fine, uno stile che richiama la riflessione» ha detto sr. Federica Cacciavillani alla presentazione, «riflessi di vita che ci riportano al cammino fatto e al cammino da fare».




Si è parlato proprio di cammino ieri sera con Elisabetta Orlandi, assieme a don Roberto Castegnaro, «pellegrino esperto» che accompagna da anni giovani e adulti a Santiago. Il libro di Elisabetta Orlandi «Unmilioneottocentomila passi», è il racconto di un cammino intrapreso assieme al figlio da St. Jean Pied de Port a Santiago de Compostela, il racconto di una donna in cammino da tanto tempo. Lo rivelano i suoi viaggi e i suoi studi all’estero. «Pellegrina nello spirito» la definisce don Roberto Castegnaro. Nata a Creazzo, ha studiato a Milano, a Parigi e ha lavorato in Andalusia per alcuni anni. Da appena due anni vive a Verona con la sua famiglia. «Credo di essere nata in cammino. Ho cambiato spesso paese non per inquietudine ma per curiosità».


Elisabetta Orlandi ricorda quando lavorava in una libreria all’angolo della strada, dove passavano i pellegrini. «Un cammino da fare», pensava, «ma in futuro, non nell’immediato». Una mattina, ha promesso a suo figlio di farlo assieme l’anno dopo. Così il 2 giugno 2007 sono partiti per questa avventura. Johann, aveva appena otto anni, un giovane pellegrino, tenace e pieno di stupore. Viene naturale chiedere il motivo della partenza per un cammino così lungo e significativo. «Il cammino ci ricorda il prima e il dopo. Parti con tante domande, arrivi e ne trovi altre. Il cammino è stato come un aquilone, un pensiero azzurro che mi ha sollevato dai momenti difficili».




«Io prendo il treno solo se mi prometti che ci ritorniamo l’anno prossimo». Johann chiede alla mamma un secondo viaggio, un ritorno; è una promessa, un patto. L’anno successivo ritornano e rifanno il cammino. «È stato completamente diverso, ci ha permesso di non idealizzare il primo. Questo ci ha insegnato che ogni esperienza è irrepetibile e che la stessa esperienza la puoi vivere in modo diverso».


Tornata in Italia, rovistando tra le sue cose, ha trovato il diario, pagine che raccontano quei quaranta giorni, un «tuffo fatto con gli occhi e l’anima». Il desiderio di parlare di quell’esperienza ha preso il sopravvento e ne è uscito un libro ricco di immagini, suoni, parole, riflessioni, emozioni.


 

 

 

Elisabetta Orlandi ha letto alcune pagine e ha condiviso alcune foto del cammino, così essenziali e profumate di cielo e terra. In quelle distese colorate, si è sentita come il «giglio del campo», serena, felice, accompagnata. Le frecce gialle che all’inizio del cammino venivano ricercate con tanta angoscia sono diventate compagne di viaggio.

 

«Vedere che qualcun altro era già passato per quella strada e si era preso cura di te mettendo le frecce gialle per indicarti l’itinerario, ci faceva sentire sicuri e accompagnati. Un po’ come essere a casa, un po’ come la semplice presenza di Dio». La gratitudine per le meraviglie della natura, nonostante la fatica, diventava preghiera e dono reciproco con Johann: «Oggi ti regalo tutto l’azzurro del cielo».

 

 

 


In questo scambio di pensieri e suggestioni, l’autrice rivela il vero motivo per cui ha intrapreso il cammino: lasciare qualcosa di significativo a suo figlio. La bellezza, la fiducia nelle persone, la fraternità, la gioia della condivisione, la capacità di stupirsi, la gratuità e l’essenzialità.

 

Invitando tutto il pubblico, in particolare le mamme con i propri figli, a intraprendere il cammino di Santiago, Elisabetta Orlandi ci regala la scritta lasciata da un altro pellegrino a pochi chilometri dalla cittadina di Nájera:

 

 

 



 

«Pellegrino! Chi ti chiama?

Quale forza occulta ti attrae?

Non è il Campo delle Stelle, non sono le magnifiche cattedrali, né le bellezze della Navarra, il vino della Rioja, o la Castiglia ricca di storia millenaria. Allora cos’è che ti spinge a camminare, perché lo fai?».

L’ultima riga recitava:

«Sólo Él de arriba lo sabe».