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PRESENTAZIONE DEL LIBRO «MA COME TU RESISTI, VITA» DI MARIAPIA VELADIANO




















































Il secondo appuntamento di «in punta di penna» ha visto come ospite l’autrice Mariapia Veladiano che ha presentato il suo libro Ma come tu resisti, vita, edito da Einaudi. Il libro raccoglie i brevi testi pubblicati giornalmente su «Avvenire», ciascuno dedicato a una parola. A dialogare con lei un caro amico di Presenza Donna, don Dario Vivian, che ha descritto il libro come un’opportunità di sentirsi «letti e interpretati, come un’eco interiore che ci offre la possibilità di rielaborare ciò che viviamo».































































































































































































































































































Una serata dove le parole hanno trovato spazio e ascolto da parte di un pubblico attento e partecipato. In risposta a una prima domanda di don Dario Vivian sulla capacità di affidarsi alle parole e alla Parola in un mondo in cui c’è un eccesso di parole, Mariapia Veladiano definisce la Parola il luogo in cui Dio parla, dove Dio ha fatto un vero e proprio atto di fiducia per parlare al popolo. «Un atto pericoloso – dice Mariapia Veladiano – perché la Parola può esser presa e lasciata come si vuole.» Le parole sono importanti perché segnano: «nella scuola, per esempio, le parole di un insegnante possono bloccare uno studente. Noi ricordiamo le parole che ci hanno annientato, quelle che ci hanno fatto volare e quelle non dette: il silenzio è l’attesa di una parola che non arriva.»















































































































































Richiamando questa responsabilità delle parole, l’autrice sottolinea come esse siano il mezzo per uscire da una «struttura binaria del pensiero che conduce all’estremizzazione e alla dissipazione della parola, quella costitutiva del linguaggio della guerra. Non si deve cedere allo stereotipo, è necessario invece custodire e donare le parole per conservarne la ricchezza. È necessario avere le parole, come diceva don Lorenzo Milani.»













































































































































Don Dario, in seconda battuta, fa notare come nel libro ci sia «molta Parola di Dio in parole non-religiose». «È il tentativo di trovare parole umane – afferma Mariapia Veladiano – parole dell’uomo; anche quelle bibliche lo sono e non devono essere intese come un “nostro” esclusivo. Prima di tutto siamo comune umanità, all’interno poi ci sono molte sfumature.»


Ci si è naturalmente confrontati su un’eventuale «particolarità di genere» nell’uso delle parole, nella consapevolezza di come la lingua ponga dei limiti ben precisi e di come gli stereotipi possano condizionare le parole e il pensiero. «È più che mai indispensabile – rimarca Veladiano – passare ad una consapevolezza del linguaggio, perché con questa attenzione si può fare la differenza.»



































































































































































































Chiude l’incontro un reading di alcune delle parole del libro commentate poi da Veladiano dell’autrice. «Dietro ad ogni parola c’è una storia. E così nel libro ognuno può metterci del suo, ognuno lo può completare.»