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Pregare Dio con voce e corpo

Molte volte nei Vangeli Gesù
viene presentato in preghiera. Non tanto nei momenti – pochissimi – in cui si
narra della sua presenza nelle sinagoghe o nel tempio, quanto piuttosto quando
si ritira da solo, in luoghi deserti, per rivolgersi al Padre. La sua preghiera
deve essere stata, come tutto in lui, una novità pregnante di significato se i
suoi discepoli, che erano ebrei abituati fin da bambini all’obbligo di
rivolgersi a Dio, sentono il bisogno di chiedergli di insegnare loro a pregare
come lui pregava. Gesù stesso invita i credenti a una preghiera incessante (Lc. 21,34-36) senza paura di importunare Dio e
porta come esempio di chi non si stanca, l’immagine di una donna che chiede
giustizia a un giudice (Lc 18,1-8).

La preghiera è relazione che
cresce e continua ad essere viva nel mantenere, in modi diversi, il rapporto
con Dio
Fin dal suo inizio, la storia del
popolo d’Israele è un continuo presentarsi di forme di preghiera che trovano un esempio particolarmente significativo nel libro dei Salmi, preghiera di un
popolo che si rivolge a Dio nei momenti più significativi della sua storia. In
molti libri della Bibbia si trovano però uomini e donne che innalzano a Dio le
loro parole per mantenere viva questa relazione.
Così accanto ad Abramo, Mosè,
Davide, Salomone, Giobbe… con le loro invocazioni, salmi e preghiere,
troviamo nel libro dell’Esodo il canto di Miriam, la sorella di Mosè che con
timpani e danze coinvolge le donne del popolo per cantare al Signore la
gratitudine per averli liberati dalla schiavitù dell’Egitto; nel libro dei
Giudici, Debora, giudice e profetessa, che dopo aver incoraggiato e guidato
Barak nella lotta per la liberazione del popolo, innalza un canto a Dio perché
possa diventare memoria e tradizione per il popolo di quanto accaduto. Nei
primi due capitoli del primo libro di Samuele c’è invece il racconto di Anna,
che diventerà la madre di Samuele, che ‘consumata’ dal desiderio di un figlio
rivolge a Dio una preghiera nel tempio, ormai priva di voce e in un
atteggiamento così afflitto da essere scambiata per ubriaca… e così per molte
altre figure femminili.

Preghiere di donne
È possibile individuare una
specificità femminile nella preghiera? Probabilmente no, perché non c’è un
modo, uguale per tutti, “giusto o sbagliato” di pregare; una modalità non ha
più valore o significato di un’altra, anche se spesso vengono valorizzate e insegnate
preghiere consolidate e, a volte, rigide all’interno di alcuni schemi.
Se però la preghiera è relazione
con Dio, una relazione che cresce nella nostra vita, scaturendo dal quotidiano
nella sua diversità, forse alcuni modi di pregare delle donne possono darci respiro
e desiderio di vivere in modo sempre più profondo e diversificato questa
relazione con un “tu”.
Una preghiera di relazione è
quella che vivono le donne che incontrano Gesù nei racconti evangelici: Maria,
che “traduce” a Gesù il bisogno di altri semplicemente presentando una
situazione “Non hanno più vino” (Gv 2,3);
l’emorroissa, che dopo aver trovato il coraggio – lei considerata impura – di
toccare Gesù, si prostra davanti a lui dicendogli tutta la verità del suo
dolore (Mc. 5,21-43); la donna
siro-fenicia, straniera che non teme di rivolgersi a Gesù e insistere con lui
affinché guarisca la figlia malata (Mt 7,24-30),
e tante altre figure spesso lasciate o in secondo piano. Molto spesso la
preghiera delle donne è di intercessione per le sofferenze di coloro che amano;
sanno unirsi nelle loro preghiere ad altre donne, anche di fedi diverse; si
rivolgono al Dio della vita perché sia fedele alle sue promesse di pace e
giustizia e il loro desiderio è così profondo che supera ogni muro e barriera,
coinvolge corpo, gesti e voce e si mette in cammino.

Donatella Mottin

direttrice CDS Presenza Donna

La preghiera delle madri – cristiane, ebree e musulmane cantano la
preghiera delle madri nei territori di Israele e Palestina