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L’isola di margherite

Scrivi PresDonna!

La signora Sulsumà salutava la famiglia uscendo per il turno della notte.
Lavorava presso una struttura di accoglienza per adulti a cui la vita, per chissà quali motivi, non aveva consegnato in dote alcune tra le più comuni peculiarità, come ad esempio camminare. Gliene aveva date altre.
Tra la casa e il posto di lavoro c’era il fuori, luci accese dentro le finestre chiuse delle case piene. L’aria fresca si aggirava per la strada che un decreto dopo l’altro, si era sempre più svuotata di persone, bici, auto.
Chi poteva uscire lo notava eccome.
Mentre calpestava il marciapiede, si trovò improvvisamente tra le orecchie una domanda. Prima di ascoltarla bene si girò a guardarsi attorno per verificare se qualcuno di passaggio gliel’avesse sussurrata, ma, a meno che non fosse stato il gatto bianco e nero fermo sul muretto lì di fianco, era l’unica persona della via.
La domanda, le chiedeva di chi era, ora, quello spazio aperto che, si accorse, aveva sempre dato per scontato?
Se faceva troppo freddo in qualche modo era del gelo, se pioveva era dell’acqua, ma ora, di chi era?
Indossando un’imprevista cortesia da ospite, percorse il tratto di città deserta, in equilibrio surreale tra il respiro della strada finalmente libera e le tracce di quel traffico di un tempo, conservato nel colore dei semafori del viale.
La mattina dopo percorreva la ciclabile diretta verso casa. Guardando alla sua destra, vide un’isola di margherite navigare in mezzo a un mare d’erba già tagliata.
Indifferenti al non avere scampo a quel destino, petali e corolle si mantennero vicini a testa alta fino all’ultimo minuto.
La signora Sulsumà tornò portando dentro gli occhi questo silenzioso brivido di meraviglia semplice, rigogliosa resistenza floreale, davanti al tagliaerba.

Cristiana Venturi