Skip to content Skip to footer

La Parola verso il Natale

Brevi riflessioni sui Vangeli di Avvento

Un Avvento e un Natale diversi da tutti quest’anno. Un tempo che rischia di venire travolto dagli umanissimi sentimenti di queste giornate: precarietà, paura, dolore; ma anche la possibilità di ascoltare, dare aiuto, conforto pur in una distanza fisica che deve rimanere tale solo per la responsabilità nei confronti della salute degli altri/e. In queste situazioni e in questi quotidiani siamo chiamate/i a riflettere sulla Parola di queste domeniche, custodendola nel cuore.

I domenica – Marco 13,33-37

Fa un certo effetto iniziare il tempo di Avvento con un brano di tipo apocalittico, che parla sì di attesa, ma di quelli che potrebbero essere definiti come i tempi ‘ultimi’. Ma forse proprio per questo, così pregnante di significato nel nostro tempo di pandemia. L’esortazione è a non farci trovare ‘addormentati’. Chiudere gli occhi, desiderare di non vedere è oggi una tentazione molto forte: dormire come ricerca di un rifugio, dove smettere di pensare, di soffrire. Staccarsi, prendere le distanze, dal condividere con gli altri la paura e l’impotenza. L’invito a stare svegli, a vigilare, è per la sera, la notte l’inizio del giorno e la durata del mattino: non si tratta di rinunciare al giusto riposo, ma di non lasciare fuori la vita, anzi, immergersi in essa, attenti a ciò che accade intorno a noi. Non possiamo rischiare di fare come i discepoli nell’orto degli ulivi che, addormentandosi, hanno lasciato Gesù a soffrire da solo.

II domenica – Marco 1,1-8

Giovanni battezzava nel deserto che per gli ebrei era spazio di tentazione, di fatica, di scelte, ma anche luogo privilegiato dell’incontro con Dio, come era stato durante l’esperienza fondante dell’Esodo. Non battezzava nelle città, né a Gerusalemme, la città santa, tanto meno nel tempio. Chi voleva convertirsi, cambiare la direzione della sua vita, doveva ‘uscire’ abbandonare le proprie sicurezze e mettersi in ascolto del grido che saliva da un luogo di così grande difficoltà e solitudine. Anche oggi, se davvero vogliamo convertire la nostra vita, dobbiamo metterci in ascolto di tutte quelle grida che salgono a noi da realtà di sofferenza, di dolore, di paura. Forse dobbiamo uscire e ‘fare’ deserto, perché non è facile sentire le grida di chi è nel bisogno. A volte i rumori delle città coprono chi non ha nemmeno più la forza o la volontà di gridare. Allora dobbiamo preparare vie, avere visioni, condividerle con altre/i, riscoprire il desiderio dell’attesa non di qualcosa, ma di Qualcuno.

III domenica – Giovanni 1,6-8. 19-28

Il brano del vangelo della terza domenica è molto complesso, con vari temi cari all’evangelista Giovanni quali la testimonianza, la luce, l’identità di Gesù… che andrebbero approfonditi uno per uno. Mi soffermo solo su una delle risposte che il Battista rivolge ai farisei che erano andati a chiedergli chi fosse (intendendo quale fosse la sua autorità, il suo potere per fare ciò che faceva). Egli risponde: “Io sono voce…”. Per essere testimoni di Gesù è necessario diventare voce, prendere la parola, non esitare a parlare. Mi pare sia qualcosa che interpella in particolare le donne: a loro è stato spesso vietato di parlare, ma hanno usato la voce per difendere, sostenere, consolare. A loro è adesso richiesto di trovare voce per insegnare, per discutere e confrontare. Come il Battista non siamo Cristo, né Elia, né il profeta atteso… non possiamo nemmeno battezzare… ma nessuno può toglierci la possibilità e il potere di essere voce, voce che grida nei vari deserti, che Dio è già in mezzo a noi, nelle nostre vite.

IV domenica – Luca 1,26-38

L’angelo che annuncia il concepimento di Giovanni, si reca al tempio, da un sacerdote, Zaccaria, mentre stava svolgendo le sue funzioni rituali: il luogo adatto per un angelo potremmo pensare. L’angelo Gabriele invece inaugura un tempo nuovo: va in periferia, nell’impura Galilea delle genti, cerca una donna ed entra in casa sua. Non in un luogo sacro, ma nell’ordinaria sacralità di ogni vita umana. Si rivolge a Maria invitandola alla gioia, “il Signore è con te” le dice, ancor prima della scelta di Maria. Il Signore è con ciascuna e ciascuno di noi sempre e comunque, qualsiasi siano i nostri pensieri e le nostre azioni, qualsiasi sia la nostra vita.
Solo dopo questa affermazione l’angelo annuncia a Maria il progetto di Dio su di lei; al giusto, umano, bisogno di comprendere di Maria, l’angelo rafforza quanto detto all’inizio: tutto sarà possibile perché “il Signore ti coprirà con la sua ombra”. Non eliminerà gli ostacoli, le difficoltà, le sofferenze; non indicherà la strada, non eviterà di compiere errori, ma accompagnerà seguendo i passi: una nuvola per dare ristoro e protezione. È una promessa. Per questo le ultime parole non sono dell’angelo, ma di Maria: “Avvenga in me, questo progetto di Dio”.

NATALE – Vangelo della notte Luca 2,1-14. 15-20

Ritroviamo gli angeli nel vangelo della notte di Natale. C’è un contrasto stridente nel racconto di Luca: da una parte il massimo del potere oppressivo, il censimento, il poter contare gli oppressi per averne il controllo totale; dall’altra il minimo del valore sociale: un gruppo di pastori che per il loro lavoro non potevano rispettare tutti i precetti della Legge. Sono fuori di notte, non dormono, vegliano con attenzione ciò che permette la loro esistenza: il gregge. A loro si rivolge l’angelo, sollecitandoli di non temere e a vivere la gioia: il Salvatore è nato per loro, per gli ultimi.
Dopo l’annuncio i pastori si confrontano tra loro e insieme vanno a vedere la Parola incarnata. Dopo aver udito gli angeli e aver visto Gesù, i pastori riferiscono ad altri l’annuncio: da ultimi ad angeli per chi li ascolterà. D’altra parte anche Gesù, una volta adulto, si presenterà come pastore disposto a lasciare il gregge anche per un’unica pecora che si è perduta.
Che sia un Natale buono,

Donatella Mottin