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Genere: di cosa stiamo parlando?

Seminario di studio con Serena Noceti e Dario Vivian

 
Ci sono cose che pensiamo senza dirle;
cose che abbiamo intenzione di dire, cose che in effetti finiamo per dire, 
cose che poi pensiamo di avere detto, cose che l’altro ha capito che gli abbiamo detto
cose che l’altro pensa a proposito di ciò che gli abbiamo detto
ed eventualmente cose che l’altro ci dice che gli abbiamo detto.
(Marc Cathelineau)
 
Con questa frase, che ben evidenziava la complessità del tema affrontato, la teologa Serena Noceti ha aperto il seminario di studio ad invito Genere: di che cosa stiamo parlando? organizzato dall’Associazione Presenza Donna di Vicenza, che si è svolto domenica 25 ottobre 2015 presso la sede dell’Associazione. Pur evidenziando fin dall’inizio la “scomodità” del tema, soprattutto in ambito ecclesiale, la teologa Noceti ha affermato nello stesso tempo la necessità di affrontare l’argomento, proprio per le imprecisioni frequenti e i conflitti di interpretazione che, soprattutto in questo ultimo periodo, hanno portato a veri e propri “scontri” durante iniziative e dibattiti che “presentando pareri discordanti e spesso divergenti, hanno evidenziato posizioni connotate da una certa rigidità tra le quali il dialogo sembra impossibile”.
Nella prima parte della mattinata S. Noceti è partita da una ricerca sulle parole e sui modelli relazionali e antropologici in cui il tema è collocato. Il passaggio e la chiarificazione, rispetto alle parole, è avvenuto attraversando il cammino compiuto dalle donne dall’emanciparsi alla égalité, pari opportunità, dove si chiede di riconoscere la personalità civile delle donne; dall’eguaglianza-uguaglianza (nella chiesa ancora oggi parlando di uguale dignità non si mette insieme l’uguaglianza nell’esercizio dei diritti) all’identità e differenza. Proprio sull’idea di differenza la teologa si è soffermata, rispetto alla necessità di porsi domande importanti sul “differente” rispetto a chi/cosa, sull’importanza di dire la differenza e sul chiedersi dove sta la differenza. Non si tratta poi di parlare o di aver presente solo la differenza uomo/donna, ma di tener conto delle differenze -e sono tante- da cui l’umanità è segnata: differenze di cultura, età, nazione, stato sociale ed economico, etc.
Dopo un primo soffermarsi sui termini (la chiarezza o non chiarezza dei quali preclude un dialogo e un confronto), Serena Noceti ha affrontato il concetto di gender che fa la sua apparizione nel pensiero femminista come frutto di studi di alcune scienziate sociali statunitensi ed inglesi a metà degli anni ’70. Già nell’aspetto lessicale Serena Noceti riconosceva i diversi significati del termine in ambiti culturali diversi. Per sottolineare e chiarire queste differenze, Noceti ha indicato come non ci troviamo davanti ad un unico modello, ma a diverse concettualizzazioni di pensiero che hanno accompagnato il pensiero femminista dagli anni ’70 ad oggi, e l’ha evidenziato analizzando tre figure/modelli (Rubin, Butler e il pensiero Queer) con usi differenti di gender.
Dopo questa panoramica, la teologa ha preso in considerazione alcuni documenti/pronunciamenti del magistero cattolico, da quello del Pontificio Consiglio per la Famiglia del 21/11/2000 fino ad arrivare al discorso di papa Francesco nell’udienza generale del 15/4/2015 sulla famiglia.
Tenere presente la polisemia del termine e l’evoluzione del concetto, permette di non ridurre in maniera arbitraria il “gender” alle sole “teorie di genere”. Secondo Noceti, e seguendo in particolare le riflessioni di Cornell, è utile e necessario il riferimento alla prospettiva di genere in teologia, pensando “gender” come categoria con la quale si esprime il significato socio-culturale, e quindi anche religioso, attribuito all’appartenenza a un sesso. L’acquisizione di questo strumento categoriale ha permesso e permette alle donne di essere in grado di agire per modificare le condizioni nello spazio sociale complessivo.
      
Nel pomeriggio il lavoro è proseguito a due voci. Il teologo Dario Vivian ha affrontato, rispetto alle “riflessioni in corso” del programma, l’ambito antropologico-biblico. Un ambito da ripensare e riscrivere tenendo conto che spesso si dimenticano, nella riflessione, le storie concrete di uomini e donne, e soprattutto che noi credenti facciamo riferimento a una storia di salvezza. C’è cioè la grande sfida di pensare la teologia dentro la storia (evidenziata anche nella prima parte di G.S.) mentre il rischio che tutti viviamo, è di definire il contenuto della Scrittura in maniera “immobile, essenzialista”, dimenticando che se “la Scrittura cresce con chi la legge” la recezione e l’interpretazione sono fondamentali perché il testo continui a parlare. Questo non vuol dire proiettare sul testo biblico cose indebite -porre al testo delle domande rispetto, ad esempio, alla questione del gender- ma è possibile entrare nel testo con i nostri interrogativi, riconoscendo nel cammino della storia degli uomini e delle donne anche il cammino dello Spirito. L’analisi fatta da Vivian dei testi di Genesi 1 e 2 relativi alla creazione ha messo in luce, tra i vari aspetti, come in Genesi 1 la differenza ha bisogno della relazione. “A immagine di Dio uomo e donna”: dove essere a immagine di Dio vuol dire la relazionalità, una relazionalità che si costruisce nel nostro corpo e nella storia e che le permette di diventare storia di salvezza. Ogni storia, nessuna esclusa.
L’ambito ecclesiale-pastorale è stato proposto invece da Noceti. La sua riflessione ha affrontato la questione ecclesiale ed ecclesiologica a partire dal riconoscere la chiesa come un’istituzione sex gender orientata/definita, che chiede di essere riletta in ordine alla realizzazione di una chiesa di donne e uomini, grazie a una pastorale che innova e che tende ad una trasformazione ecclesiale attraverso anche lo studio dei meccanismi che regolano le relazioni, i sistemi/regimi e le strutture di genere, la decostruzione dei modelli interpretativi e organizzativi della cristianità patriarcale e androcentrica. Si tratta di un impegno che mira a ricostruire modelli relazionali e istituzionali in vista dell’identificazione di una chiesa inclusiva, in accordo alla prassi liberatrice di Gesù e delle prime comunità cristiane.
È un compito e un cammino ancora lungo ed impegnativo, da realizzare però nella consapevolezza che “l’uomo e la donna sono il loro reciproco futuro” (B. Gresy).
A cura di Donatella Mottin 
 
L’articolo è tratto dalla rivista “Vita Nuova”. Di seguito il link della rivista completa.