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“Donne diacono. Un ministero im-possibile?”

Grande successo per la giornata di studio svoltasi a Vicenza il 29 ottobre

(Naike Borgo) – Oltre 150 persone, provenienti da tutta Italia e anche dalla
Spagna, hanno partecipato alla giornata di studio sul tema “Donne diacono. Un ministero im-possibile?”. Il seminario è stato
organizzato a Vicenza il 29 ottobre 2016 dalla Pia società San Gaetano,
dal Coordinamento delle teologhe italiane, dal Centro documentazione
e studi “Presenza donna”
delle suore Orsoline del Sacro Cuore di Maria e
dalla Comunità del diaconato in Italia. L’iniziativa aveva lo scopo di
contribuire alla riflessione sul ruolo della donna nella Chiesa e, soprattutto,
sulla possibilità di restaurare il diaconato femminile, oggetto quest’ultimo
dei lavori della Commissione di dodici esperti ed esperte recentemente
istituita da Papa Francesco.

Perché dedicare un’intera
giornata, peraltro la prima in Italia
, ad un simile tema? Perché il
diaconato italiano è tra i più rilevanti nel mondo: qui infatti si conta il
maggior numero di diaconi dopo gli Stati Uniti d’America. Dei circa 4.000
esistenti in Italia, il 98% è sposato, mentre del 2% rimanente alcuni appartengono
ad una congregazione religiosa, altri sono celibi e non legati ad istituzioni
di vita consacrata. Il diaconato non è solo un passaggio obbligato verso il
sacerdozio, ma è già di per sé una vocazione completa e che ha una sua
specifica identità come via per seguire il Signore Gesù. Per la maggior parte
dei diaconi di oggi, tuttavia, il tempo del diaconato è un tempo di intensa
preparazione al sacerdozio.

Don Venanzio Gasparoni, superiore generale della Pia Società
San Gaetano, nel saluto introduttivo ha augurato che la giornata potesse essere
“un ascolto profetico di come Dio vuole la Chiesa oggi, ma anche l’inizio di una
nuova pastorale che sappia leggere i segni dei tempi”. È stato anche ricordato
come, nel percorso della famiglia religiosa fondata da don Ottorino Zanon, la
nascita del ramo femminile – le sorelle nella diaconia – avesse fatto pensare
alla possibilità di una loro ordinazione, una volta che la Chiesa avesse
ripristinato il diaconato delle donne.

 

La mattinata del 29 ottobre è stata caratterizzata da tre relazioni sul diaconato femminile che
hanno rispettivamente toccato l’aspetto storico, teologico e pastorale
. Moira Scimmi, teologa che ha dedicato alle
antiche diaconesse cristiane la sua tesi di dottorato, successivamente
pubblicata, ha spiegato i passaggi storici che denotano l’esistenza di diacone
tra i primi cristiani. Particolarmente rilevante è stata la competenza della
dottoressa Scimmi sulle fonti storiche, tanto che ha ben motivato, per esempio,
la presenza di diaconesse durante il concilio di Calcedonia del 451 d.C..
Questo importante momento storico della nascente Chiesa Cristiana stabilì tra l’altro
a tal proposito “che la donna non dovesse essere ordinata diacon(a) prima dei quarant’anni e solo previo diligente esame. Nel
caso avesse contratto matrimonio dopo aver ricevuto l’imposizione delle mani
(cioè essere diventata diacona) e avere esercitato il ministero, entrambi i
coniugi sarebbero stati colpiti da anatema”, ovvero da scomunica. È stato più
volte messo in luce che le diacone non venivano ordinate per un ruolo, ma un
servizio. L’espressione sottintende un’organizzazione comunitaria che predispone un ministero diaconale
femminile
e il privilegio di una
comunità che ha il dono di una diacona particolarmente preparata
. Allo
stesso modo l’indagine storica sulle diacone si motiva in modo significativo all’interno dell’istituzione ecclesiale che
ne ha consentito il sorgere, lo strutturarsi
ed insieme l’innegabile singolarità del caso specifico
considerato
.

A Serena Noceti, ecclesiologa e
vicepresidente dell’Associazione teologica italiana (ATI), è spettato il
compito di ricostruire il dibattito sul tema durante il Concilio Vaticano II e
nel processo di recezione dei suoi documenti, evidenziando la necessità di
ricollocare questa “figura ministeriale dimenticata” nell’orizzonte di un
complessivo ripensamento teologico del ministero ordinato a partire dalle
relazioni con il soggetto “Noi ecclesiale”. La prof.ssa Noceti ha sottolineato
che la richiesta nei lavori conciliari di re-istituire i diaconi, con un grado
autonomo e permanente, era guidata da motivazioni differenziate, di livello e
tono diverso. Nello specifico si faceva riferimento: a necessità pastorali
(carenza di presbiteri, desiderio di promuovere l’apostolato laicale, annuncio
in paesi di missione, pastorale di ambiente nei luoghi di lavoro); esigenze
ecumeniche (pastori di chiese protestanti che diventano cattolici); alla
tradizione liturgica delle chiese orientali e alla riconosciuta importanza del
servizio di carità e assistenza per la vita delle chiese locali. Nel caso del
diaconato i padri conciliari non hanno voluto tuttavia ripristinare una prassi
del primo millennio, ma ripensare l’antica
strutturazione tripartita del ministero
, lasciando spazi possibili per il
generarsi di una figura nuova rispondente alle esigenze e ai bisogni della
chiesa contemporanea. Nella differenziazione delle figure si trova invece un
principio particolarmente importante: il ministero risponde a diverse realtà
ecclesiali; garantisce qualcosa di essenziale e costitutivo per la chiesa in
ambiti di vita ecclesiale e di esercizio della funzione ecclesiale differenti,
nel quadro della chiesa locale e della sua missione.

Don Luca Garbinetto, pastoralista e presbitero della Pia società
San Gaetano
, partendo dalla constatazione della crescita numerica dei
diaconi, ma anche di un loro non ancora pienamente definito profilo pastorale,
ha spiegato che oggi possono essere riconosciute quattro figure di diacono: il
diacono liturgico, molto attento alle dimensioni comunitarie; il
diacono-catechista, legato alla Parola; il diacono sostituto del prete e,
infine, il diacono spostato verso la carità. Un’immagine particolarmente
interessante è quella proposta da don Garbinetto quando – dicendo che il
diaconato non trova posto in parrocchie e diocesi di stampo tridentino perché
non ha più senso pensarle così – ha proposto di immaginarsi tutti attorno a dei
tavoli di lavoro, come al Convegno di Firenze. In quel contesto, infatti, tutti
i partecipanti erano posti sullo stesso piano: nessuno aveva etichette che lo
indicasse come rappresentante di qualche istituzione o titoli per la scelta di
vita fatta. La parità ha permesso l’emergere di una collaborazione fruttuosa tra
le parti che è stata auspicata anche per la riflessione sul diaconato. Il religioso ha quindi prospettato
alcuni possibili spazi per il diaconato femminile: un atteggiamento di
tenerezza, un’attenzione alle periferie dell’esistenza, un’accoglienza della
diversità, una capacità di far maturare quanto nell’altro è già in germe, nel
quadro di un’enfasi posta sulla dimensione del servizio.

 

 

Il pomeriggio è stato aperto da una brillante relazione di Andrea
Grillo,
sposato e professore ordinario di Teologia dei sacramenti e
Filosofia al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo. Prendendo spunto dall’espressione
di san Tommaso d’Aquino che nega alle donne la possibilità di essere ordinate
diaconi e sacerdoti, Grillo ha motivato la necessità di fare i conti con la
società attuale. Ogni espressione infatti, se tolta dal proprio contesto, può
essere traviata e così è per quella di san Tommaso che aveva un senso nel tempo
storico in cui è stata scritta, ma che oggi risulta ampiamente superata per le
mutate condizioni sociali. Secondo Grillo, è importante arrivare ad un vero
riconoscimento della soggettività della donna nella Chiesa, ma questa deve
passare nell’uguaglianza del ministero. L’ultima relazione è stata di Enzo Petrolino, diacono coniugato della
diocesi di Reggio Calabria-Bona e presidente della Comunità del diaconato in Italia, che ha rilevato la contraddizione
tra l’auspicio della promozione della donna nella società formulato dalla
Chiesa e il suo mantenimento in condizioni di inferiorità ecclesiale.

Le ultime due ore sono state
dedicate al confronto, alle domande
ed alle riflessioni proprio perché si voleva che fosse un tempo di studio che
permettesse l’avanzamento delle argomentazioni sul tema del diaconato
femminile. A coordinare e a tracciare i fili conclusivi della giornata è stata la
prof.ssa Cristina Simonelli,
patrologa e presidente del Coordinamento delle teologhe italiane, che ha
approfondito aspetti teorici e pratici della questione, dal rapporto tra
presbiterato e diaconato al rapporto tra ministero diaconale e professione
lavorativa. Sono state messe in luce anche la convergenza tra le istituzioni
diverse per la promozione della giornata e la creazione della commissione di
studio sul diaconato delle donne da parte di Papa Francesco riconoscendo come
quest’ultima abbia creato un nuovo clima ecclesiale, nel quale ricerca,
riflessione e discussione ecclesiali possono svilupparsi liberamente, all’interno
di un ripensamento dell’intera teologia del ministero ordinato. I nodi più
difficili da sciogliere sono sembrati – in più interventi – le questioni del
potere, dell’autorità e del servizio nella Chiesa. La strada intravvista dai lavori
della giornata di studio è ancora piuttosto impegnativa e lunga, ma è stato importante poter concedere un luogo ed un
tempo nei quali confrontarsi liberamente su una questione che la quotidiana
prassi pastorale pare quasi pronta a ri-accogliere
: non tanto per la
continua diminuzione numerica dei preti o per una presunta rivendicazione
femminile, quanto piuttosto per motivazioni storico-pastorali e di effettiva
uguaglianza paritaria all’interno della Chiesa. Ora si attendono gli sviluppi
di una riflessione importante e potenzialmente capace di promuovere veri
cambiamenti all’interno della Chiesa cattolica.

 

PER APPROFONDIRE

> “Donne diacono? La posta in gioco” – il libro di M. Scimmi e C. Simonelli presentato in anteprima alla giornata di studio.

> L’approfondimento di Andrea Grillo a partire dal suo intervento