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8 marzo – Preghiera al femminile: “Olio e farina per vite riconciliate”

La preghiera dell’8 marzo insieme a sr Carol Cooke

Olio e farina per vite riconciliate


Domenica 8
marzo, nell’accogliente spazio della chiesa di San Carlo, sr Carol ha vissuto
insieme a noi l’ormai tradizionale «Preghiera al femminile» proposta dall’associazione.

Una veglia molto partecipata, che a partire dal titolo – «Olio e farina
per vite riconciliate» – ha seguito nella sua scansione la storia del
profeta Elia fino al suo incontro con la vedova di Sarepta (1Re 17,1-24). In
ascolto della Parola, uniti nell’invocazione e nell’ascolto, accompagnati da
coro, danze liturgiche e segni molto efficaci, quanti hanno partecipato alla preghiera
hanno potuto nuovamente ascoltare sr Carol.

Da monaca impegnata nella
costruzione dell’armonia islamo-cristiana, ci ha invitato a una riflessione
biblica sull’alterità religiosa a partire dal ciclo di Elia, parola di Dio che trova
eco nel nostro mondo in cui i rifugiati venuti da altrove ci fanno paura, tra
loro in particolare i musulmani.

Di seguito, alcune immagini della preghiera dell’8 marzo, e alcuni passaggi
della riflessione proposta da sr Carol Cooke sull’incontro fra il profeta Elia e la vedova di Sarepta.


   


In quel deserto però, in cui Elia deve imparare a vivere in totale dipendenza dal dono di Dio, Dio lo sta preparando a vedere un volto diverso dell’altro. È venuto per Elia il tempo di vivere l’impensabile: cioè di uscire da sé, di convivere con l’altro nel territorio dell’altro e nella totale dipendenza dall’altro, da povero con una povera, da indifeso con una indifesa, una vedova, di cui non ha né nome né indirizzo né età.

   

Perché Dio farebbe incontrare quei due diversi – un uomo e una donna, un ebreo e una siro-fenicia che è fuori dal popolo dell’alleanza – in una situazione esistenziale estrema, se non per renderli solidali l’uno con l’altro? La vedova, mossa da compassione alla vista dell’uomo assetato, si affretta a dargli da bere; Elia, mosso da compassione davanti alla tragedia della vedova che sta per morire di fame insieme al figlio, le dice di non temere.

 

Andare verso l’altro nell’umiltà di colui che ha bisogno dell’altro,

e accogliere l’altro nonostante la paura.

Convivere con l’altro nel rispetto della diversità.

Vivere l’unità nel dono della propria vita all’altro.


    


L’ospitalità sacra ci salva. (…) Al di là delle nostre diverse appartenenze, forse scopriremo che ci apparteniamo l’uno all’altro, che siamo chiamati a vivere insieme, e non ciascuno per conto suo né l’uno accanto all’altro, sotto l’unico tetto del cielo; una vita nuova premessa di vite riconciliate.